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Nella favolosa città di Teheran, si sta svolgendo un censimento sulla popolazione e tutti i cittadini vi si devono recare per certificare la loro esistenza.
Un vecchio con il nipotino, abitanti sulle montagne, in un villaggio molto lontano dalla capitale, si preparano per fare questo lungo viaggio. A disposizione hanno un solo asinello.
Pian piano si incamminano, per potersi presentare ai funzionari addetti al censimento.
Mentre il bambino è seduto sul dorso dell’asino e il vecchio gli cammina accanto, incontrano un gruppo di persone e, dopo averle superate, quando queste si allontanano, il vecchio percepisce i loro commenti: «Guarda come è maleducato quel bambino, lui sta sull’asino, mentre il vecchio che ha le gambe stanche, cammina a piedi…»
Il vecchio non dice nulla, fa scendere il bambino e sale sull’asino.
Incontrano un altro gruppo di persone e, dopo averle superate, di nuovo sente dei commenti:
«Guarda quel secchione, che egoista, con un bambino così piccolo, con le gambe così corte, lui sta sull’asino e il povero bimbo, deve corrergli appresso…»
Il vecchio non commenta, ma prende il bambino, facendolo sedere sul dorso dell’asino vicino a sé.
Incontrano un altro gruppo di persone e, dopo averle superate, sente nuovamente dei commenti:
«Hai visto quei due lì? Con un asinello così piccolo, gli stanno sopra entrambi, finiranno per sfiancarlo…»
Il vecchio ancora una volta non dice nulla, ma prende il bambino per mano, scendendo dall’asino e insieme si incamminano a piedi.
Dopo qualche chilometro incontrano ancora delle persone, che li salutano, ma mentre si allontanano, queste, commentano ridacchiando: «Avete visto quei due lì? Devono essere proprio stupidi! Hanno un asino a disposizione e vanno a piedi…»
Morale: quando fate qualcosa, fatelo per voi, perché se lo fate per avere l’approvazione degli altri, state sicuri che non l’otterrete mai.
In un certo reame, in un certo stato, viveva uno zar con i suoi tre figli, tre principi: Dimitrij, Vasilij e Ivan, il più giovane. Lo zar aveva un giardino con alberi pregiati, tra cui uno da cui nascevano mele d’oro. Da un po’ di tempo volava un uccello, con penne d’oro e occhi come cristalli d’oriente, che di notte portava via le sue amate mele. Così lo zar, afflitto, disse ai suoi tre figli che chi di loro avesse catturato l’Uccello di fuoco avrebbe avuto metà del suo regno finché fosse stato in vita, e alla sua morte lo avrebbe avuto tutto intero. Allora i principi decisero di sorvegliare l’albero durante la notte.
I più grandi tentarono per primi ma si addormentarono, mentre Ivan riuscì ad acchiapparlo per la coda. L’Uccello di fuoco però si liberò e volò via, lasciandogli in mano soltanto una penna. Da quel giorno l’Uccello di fuoco non tornò più nel giardino, ma lo zar chiese ai suoi figli di catturarlo ugualmente e di partite quindi alla sua ricerca.
I due fratelli maggiori, insieme, intrapresero subito il viaggio e anche Ivan, dopo aver ricevuto la benedizione del padre, scelse un cavallo e si mise in strada. Dopo un lungo tragitto Ivan si trovò davanti a un bivio, che riportava un’indicazione: chi avesse proseguito dritto per la strada avrebbe conosciuto fame e freddo; chi avesse scelto la strada a destra sarebbe vissuto, ma il suo cavallo sarebbe morto; e chiunque avesse preso la strada a sinistra sarebbe morto, ma il suo cavallo sarebbe sopravvissuto. Ivan andò sicuro a destra e dopo qualche giorno incontrò un lupo grigio che sbranò il suo cavallo. Camminò per un giorno intero e alla fine, stremato, venne raggiunto dall’enorme lupo grigio che gli disse di essere dispiaciuto per aver mangiato il suo cavallo, e che da quel momento lo avrebbe servito fedelmente portandolo in groppa alla ricerca dell’Uccello di fuoco. Così lo condusse nel giardino dove si trovava l’Uccello di fuoco e gli disse di portarlo fuori senza toccare la sua gabbia dorata. Il principe entrò, ma pensò che fosse un vero peccato non prendere la gabbia, e quando la toccò suonarono le campane e fu catturato.
Lo zar di quel regno gli disse che avrebbe potuto averla se solo lo avesse chiesto, ma che ormai era tardi e che poteva essere perdonato solo se avesse catturato per lui il Cavallo dalla criniera d’oro. Così il lupo lo condusse nel regno e nelle stalle dove si trovava il Cavallo, ma lo avvertì di non toccare la briglia d’oro. La sua bellezza però lo tentò, e anche lì suonò l’allarme e fu catturato.
Anche il secondo zar gli disse che se lo avesse chiesto gli avrebbe dato il Cavallo, ma ora se voleva essere liberato doveva rapire per lui la bella Elena. Così il Lupo portò Ivan nel castello della principessa, che fuggì insieme a lui. I due si innamorarono perdutamente e quando giunsero dal secondo zar, Ivan pianse disperato all’idea di perderla. Il Lupo grigio allora ebbe un’idea: trasformarsi con un incantesimo nella bella Elena e ingannare lo zar. Così Ivan riuscì a ottenere il Cavallo dalla criniera d’oro e ad allontanarsi con la sua amata. Una volta al sicuro, il Lupo riprese le sue sembianze e li raggiunse.
Arrivati dal primo zar, Ivan chiese al Lupo di ripetere l’incantesimo e trasformarsi nel Cavallo dalla criniera d’oro per poter recuperare l’Uccello di fuoco senza dover abbandonare la bestia. Il Lupo accettò, lo scambio fu fatto e Ivan riuscì a tornare nel suo regno con Elena, il Cavallo dalla criniera d’oro e l’Uccello di fuoco. Il Lupo disse che il suo servizio era compiuto e quando tornarono nel punto in cui aveva sbranato il cavallo di Ivan si separarono.
I due fratelli maggiori, nel frattempo, stavano rientrando al castello a mani vuote quando videro Ivan ed Elena addormentati sul prato, e decisero di uccidere Ivan, facendo a pezzi il suo corpo, appropriandosi dell’Uccello di fuoco, del Cavallo dalla criniera d’oro e rapendo la bella Elena.
Il Lupo grigio sentì un richiamo e tornò nel punto in cui aveva lasciato Ivan, che trovò morto. Catturò due corvi e disse alla loro madre che per riaverli avrebbe dovuto recuperare per lui l’acqua della vita e l’acqua della morte. Grazie a questa magia il Lupo riportò in vita Ivan e lo condusse al suo regno, dove uno dei fratelli stava per sposare la principessa contro il suo volere.
Appena Ivan entrò nelle sale la bella Elena lo abbracciò e raccontò allo zar tutto quello che era successo. Lo zar si infuriò terribilmente e mise in prigione i fratelli Dimitrij e Vasilij.Il principe Ivan sposò la bella principessa Elena e vissero d’amore e d’accordo, tanto che non potevano stare un solo minuto uno senza l’altra.
Si racconta che una coppia che non poteva avere figli pregava tutti i giorni per poterne avere.
Un giorno l’uomo vide una luce splendente irradiarsi da una delle canne. Incuriosito, guardò al suo interno e vi trovò una minuscola bambina, non più grande di tre centimetri! La portò a casa dalla moglie e insieme decisero di adottarla e crescerla con loro, con tutte le premure e l’amore di cui erano capaci.
La bambina aveva due particolarità, tra tutte: il suo corpo emanava una flebile luce ed era nata dal bambù. Decisero così di chiamarla Nayotake no Kaguyahime: la Principessa Splendente del Flessuoso Bambù.
Il giorno seguente l’uomo si recò al lavoro, ma con suo enorme stupore ogni canna che tagliava era piena d’oro. Lo straordinario fenomeno continuò a manifestarsi giorno dopo giorno e in breve tempo la famiglia si arricchì enormemente.
La bambina, nel frattempo, cresceva ad una velocità incredibile e nel giro di tre mesi era diventata una giovane di straordinaria bellezza. Nonostante i tentativi della famiglia di tenere Kaguyahime nascosta tra le mura domestiche, al sicuro dai pericoli del mondo, la sua bellezza divenne leggenda e centinaia di uomini la chiesero in sposa. Lei, però li rifiutò tutti.
Quando, presso la casa dell’uomo taglia bambù, padre adottivo della ragazza, si presentarono cinque esponenti delle più nobili famiglie del paese, l’uomo, ormai anziano, spinto dalla paura della sua imminente morte, chiese alla figlia di scegliere un pretendente, così da non rimanere sola.
Kaguyahime però, non voleva sposarsi, così affidò a ognuno dei nobiluomini una missione impossibile da compiere: qualora uno dei pretendenti avesse terminato la missione, lei avrebbe accettato il matrimonio. Tutti e cinque fallirono e la splendida ragazza, attribuendo la colpa al loro fallimento, rifiutò di sposarsi.
La bellezza di Kaguyahime divenne così rinomata da raggiungere persino il palazzo imperiale e l’imperatore stesso accorse presso la sua abitazione ordinandole di diventare sua sposa. La principessa splendente però gentilmente declinò persino la sua proposta. La famiglia fu colta da sconforto e non riuscì a comprendere per quale ragione la figlia detestasse tanto l’idea del matrimonio.
Con l’arrivo dell’estate, Kaguyahime diventò immensamente malinconica e ogni sera fissava la luna sospirando, finché, alla morte degli anziani genitori, raccontò loro di essere la Dama immortale del Monte Fuji e che era ormai giunto per lei il tempo di ritornare sulla Luna, dalla quale proveniva, e che gli abitanti splendenti della Capitale Lunare sarebbero presto andati a prenderla, poiché il suo tempo sulla terra si era ormai concluso.
Nell’udire ciò, la famiglia, allarmata, avvisò l’imperatore che con migliaia dei migliori soldati dell’impero assediò la casa dell’uomo taglia bambù per impedire che Kaguyahime venisse portata via.
Ogni sforzo fu, però completamente inutile.
Prima di partire la ragazza donò all’imperatore uno specchio, nel quale avrebbe potuto vederla. Improvvisamente, il buio della notte fu squarciato da una luce che accecò tutti coloro che erano accorsi per proteggere la principessa, ed esseri splendenti discesero dal cielo, vestirono Kaguyahime di piume e con lei scomparvero nel cielo notturno.
L’imperatore, distrutto dal dolore, cercò di inseguire la ragazza, ma inciampò e lo specchio si ruppe andando in fiamme.Gli anni passarono e così anche i secoli, ma il fumo non smise mai di innalzarsi dal monte Fuji verso il cielo, ancora oggi.
Chang’he e suo marito Hou Yi, il prodigioso arciere, vivevano durante il regno del leggendario imperatore Yao (2000 a.C. circa).
Hou Yi era un valente membro della Guardia Imperiale che maneggiava un arco magico e scoccava frecce magiche.
Un giorno nel cielo apparvero dieci soli. La gente sulla terra non riusciva più sopportare il caldo e la siccità che ormai continuavano da diversi anni.
L’imperatore decise allora di chiamare Hou Yi, ordinandogli di colpire i soli di troppo per eliminarli dal cielo e soccorrere così la popolazione.
Facendo uso della sua abilità, Hou Yi ne abbattè nove lasciandone solo uno.
La sua fama si diffuse, allora, fino giungere alla Regina Madre d’Occidente (Xi Wang Mu) nei lontani Monti Kunlun. Essa lo convocò al suo palazzo per ricompensarlo con la pillola dell’immortalità, ma avvertendolo così:
«Non devi mangiare la pillola immediatamente. Prima devi prepararti per dodici mesi con la preghiera e il digiuno».
Essendo un uomo diligente, egli prese a cuore il consiglio e iniziò i preparativi nascondendo, prima di tutto, a casa sua la pillola. Sfortunatamente fu chiamato d’improvviso per una missione urgente.
In sua assenza, la moglie Chang’he notò una luce fioca e un dolce odore emanare da un angolo della stanza.
Una volta presa la pillola nella mano, non riuscì a trattenersi dall’assaggiarla.
Nel momento in cui la ingoiò la legge di gravità perse il suo potere su di lei.
Poteva volare!
Non molto tempo dopo sentì suo marito ritornare e terrorizzata volò fuori della finestra. Arco e frecce in mano, Hou Yi la inseguì per mezzo cielo, ma un forte vento lo riportò a casa.
Chang’he volò dritta sulla Luna, disperata dall’impossibilità di poter tornare sulla terra, e vi costruì il suo palazzo.
L’arciere allora mangiò la parte di pillola rimasta e volò anche lui ma arrivò sul sole, dove si costruì a sua volta un palazzo.
I due si possono così, incontrare una volta al mese, nel quindicesimo giorno di ogni mese, quando la luna diventa piena.
Cheng’he e Hou Yi sono divenuti così simboli della luna e del sole, dello yin e dello yang, del negativo e del positivo, del buio e della luce, del femminile e del maschile; ossia della dualità che governa l’universo.