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A parte l’iniziale difficoltà nel distinguere il nome dal cognome, non è sempre facile orientarsi nel suo universo di animali colorati.
Vi siete mai chiesti cosa nasconda?
Ecco alcuni brevi approfondimenti per aiutarvi a conoscerlo meglio!
Amante del mondo animale
Volpe, Franz Marc
C’è un motivose i dipinti di Marc sono popolati da animali.
In un mondo sempre più corrotto dalle azioni degli uomini, quello di inizio Novecento alla prese con la modernizzazione, Marc considerava queste creature ancora pure e innocenti, le uniche vicine allo spirito divino che pervade la natura.
Pensate che passò tantissime ore allo zoo di Berlino a fare schizzi per affinare le tecniche di disegno, abilità che gli consentì tra l’altro di mantenersi impartendo lezioni di anatomia animale a colleghi artisti!
Un vocabolario di colori e simboli
Mucca gialla, Franz Marc
Marc capì presto che non sarebbe mai stato interessato a riprodurre nelle sue opere “le cose visibili”. Coltivò al contrario l’ambizione di promuovere un’arte spirituale, che mettesse in luce le forze nascoste dell’esistenza attraverso un uso simbolico dei colori. Elaborò una teoria del colore personale che applicò nelle sue opere: il blu rappresenta il principio maschile, severo, il giallo rappresenta quello femminile, gentile, mentre il rosso rappresenta la materia, pesante e brutale.
Un destino legato ai cavalli
Cavalli blu, Franz Marc
Gli animali simbolo di Marcfurono senza dubbio i cavalli: protagonisti moltissimi dipinti, tra cui “La torre dei cavalli azzurri”, capolavoro censurato dal nazismo e scomparso dopo il 1945, di cui ancora oggi si ignora la destinazione.La triste ironia del destino volle che fosse proprio la cavalleriail reparto dell’esercito in cui, arruolato come volontario, Marc morì sul campo nel 1916, a soli 36 anni, durante la Prima guerra mondiale.
La torre dei cavalli azzurri, opera scomparsa di Franz Marc
Per conoscere più da vicino altri grandi artisti come Franz Marc scopri L’album Il Novecento.
Wassily Kandinsky presenta il dipinto “Giudizio Universale” a un’esposizione organizzata dalla “Nuova Associazione di artisti” ma la sua opera viene rifiutata: nasce con questo episodio l’esperienza di Der Blaue Reiter, movimento artistico che ha rivoluzionato la storia dell’arte.
Kandinsky, membro della stessa associazione, lascia il collettivo che non è stato in grado di comprendere la sua ricerca verso un’arte astratta e decide di fondare un nuovo gruppo ancora più sperimentale. Trova supporto in un amico pittore, Franz Marc, che è sulla stessa lunghezza d’onda e che condivide con lui la ricerca di una forma d’arte spirituale, lontana dalla rappresentazione fedele della realtà. I due danno così vita a un nuovo gruppo di lavoro, animato da questa visione comune, coinvolgendo altri colleghi: Alexej Von Jawlensky, Gabriele Münter, Marianne Von Werefkin, August Macke e Paul Klee.
Due parole, un nome: “Il Cavaliere Azzurro”
L’esperimento artistico guidato da Kandinsky e Marc prenderà il nome di Der Blaue Reiter, tradotto in italiano come “Il Cavaliere Azzurro”. Da dove deriva questo nome?
Sembrebbe facile concludere che il nome del gruppo sia legato all’amore di Kandinsky per i cavalieri e alla passione di Marc per gli animali, in particolare per i cavalli. Si ricorda, inoltre spesso che quasi 10 anni prima, nel 1903, Kandinsky aveva già realizzato un’opera in stile Impressionista intitolata proprio “Il Cavaliere Azzurro”.
Kandinsky – Il Cavaliere azzurro, 1913
Tutto vero. Eppure, la scelta del nome ci dice molto di più sulla natura di questo nuovo esperimento artistico.
Cavaliere: ispirato alle saghe cristiane medievali come la leggenda di San Giorgio e il drago, è una figura eroica, capace di “andare oltre”, oltre la tradizione, e di traghettarci in un mondo nuovo, che richiede un modo di fare arte.
Azzurro: una scelta tutt’altro che casuale per Kandinsky e Marc. Infatti, i due artisti-amici pensavano che i colori avessero un forte potere simbolico, che fossero in grado di tramettere emozioni e di trascendere la realtà di tutti i giorni. Il blu, in particolare, era considerato un colore di grande valore spirituale, capace di trasmettere calma.
Da questi due elementi nasce la scelta di “Il Cavaliere azzurro”: un nome che evoca una forma d’arte coraggiosa, capace di rinnovare la produzione artistica e in grado di elevare gli uomini verso la dimensione spirituale dell’esistenza.
Un movimento senza programma
Il Cavaliere Azzurro non fu un vero e proprio movimento artistico: il gruppo rimase sempre senza un programma scritto (a differenza di ogni movimento degno di questo nome!) Gli artisti del gruppo non definirono mai un progetto sociale o un progetto di vita comune, si limitarono a organizzare mostre insieme, con l’obiettivo di illustrare come diversi artisti fossero in grado di esprimere i propri “desideri interiori”.
Il Cavaliere Azzurro riuscì tuttavia a pubblicare un famoso almanacco nel 1912, curato dai protagonisti Kandinsky e Marc. Una sorta di calendario che racchiudeva saggi teorici, otre 140 riproduzioni di opere d’arte e anche un’opera teatrale sperimentale scritta da Kandinsky. Una botte piccola, piena di vino buono: poco più di 1000 copie per un totale di 1100 pagine l’una, stampate grazie al supporto del mecenate Bernhard Koehler, industriale e collezionista d’arte.
La copertina dell’almanacco del Cavaliere Azzurro
La forza del colore
Movimento “senza programma”, Il Cavaliere Azzurro fu caratterizzato da una produzione artistica molto ricca e variegata, che trovava ispirazione nei grandi movimenti di arte francese di fine ‘800, così come nell’arte medievale e nella cosiddetta “arte primitiva”.
Questo non impedì ai protagonisti del Der Blaue Reiter di avere molto in comune, tra cui l’importanza dell’uso del colore. L’esperienza di Matisse e dei Fauves di qualche anno prima aveva già fatto scuola, aprendo la strada a un uso personalissimo del colore come potente strumento in grado di esprimere gli stati d’animo degli artisti, in assoluta libertà.
I protagonisti de Il Cavaliere Azzurro raccolsero la lezione dei Fauves, rifiutando una rappresentazione fedele della realtà. Per loro era importante servirsi delle forme e dei colori come elementi dotati di un valore proprio, da usare con grande libertà, senza preoccuparsi di riprodurre ciò che avevano sotto i loro occhi.
August Macke – Coppia su un sentiero di foresta, 1913
A differenza dei Fauves, i protagonisti de Il Cavaliere Azzurro misero l’accento sul valore simbolico del colore, realizzando opere molto poetiche. Inoltre, seppure nel comune rifiuto di riprodurre fedelmente la realtà, non mancarono differenze all’interno dello stesso gruppo. Ad esempio Kandinsky interpretò il giallo come un suscitare entusiasmo, gioia o anche fastidio mentre Marc lo utilizzò per rappresentare principio femminile, in opposizione a quello maschile di colore blu.
La musica, musa di Kandinsky
Insieme alla forma e al colore, i protagonisti del Cavaliere Azzurro furono molto influenzati da un altro importantissimo strumento: la musica. Erano infatti convinti che la musica, così come una linea o una macchia di colore, fosse in grado di toccare le corde dell’anima, risuonando con lo spirito degli uomini ed evocando delle profonde risposte emotive.
Un quadro non è poi così diverso da una composizione musicale: con una tela si può creare un’armonia, accostando gradevolmente elementi affini tra loro e si corre anche al rischio di produrre una cacofonia, con elementi dissonanti. Anche un’opera d’arte è in grado in grado di dare vita a vere e proprie dinamiche musicali, con dei “crescendo” di colore oppure riproducendo un vibrato.
Kandinsky – Senza titolo, 1913
Wassily Kandinsky fu senza dubbio l’artista più interessato al legame con la musica: introdusse il concetto di sinestesia, associando la rappresentazione di un colore a un suono, un gusto o un odore. Kandinsky si spinse fino ad associare singoli colori a specifiche emozioni e strumenti musicali, per creare delle composizioni in grado di toccare le corde dell’anima. Considerava, ad esempio, il verde un colore in grado di suscitare la calma, come il suono dei violini; trattava al contrario il rosso come un colore energico, che ricordava il rullo dei tamburi e del crescendo. Per questo Kandinsky lavorò a composizioni “sinfoniche” con estrema cura, dedicando molto tempo nel’assemblare pezzo per pezzo dei dipinti in grado di suonare come veri e propri spartiti a più voci.
I protagonisti de Il Cavaliere Azzurro furono spesso dei musicisti in prima persona: Wassily Kandinsky stesso aveva studiato pianoforte e violoncello, mentre Paul Klee, figlio di un professore di musica, fu anche un eccellente violinista, oltre che pittore.
Un esperimento breve ma intenso
Le grandi sperimentazioni avviate da Il Cavaliere Azzurro durarono solo tre anni a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914. Il nucleo storico del gruppo era infatti costituito da emigrati di origine russa che furono obbligati a lasciare la Germania: Kandinsky dovette tornare in Russia mentre Jawlensky e Werefkin trovarono riparo nella neutrale Svizzera.
Macke e Marc, invece trovarono la morte in guerra: Macke morì durante un’azione militare giusto un paio di mesi dall’inizio delle ostilità, mentre Franz Marc morì in modo paradossale nel 1916: cadendo da cavallo, proprio nel giorno in cui avrebbe ricevuto una lettera di esonero dal fronte per meriti artistici.
Mucca gialla, iconica opera di Franz Marc
Questo non impedì a Il Cavaliere Azzurro di avere una grandissima importanza per la storia dell’arte. Questi 3 anni di ricerca e sperimentazione – soprattutto da parte dei artisti come Kandinsky e Klee – crearono il presupposto per la nascita di opere d’arte in cui la forma e il colore sarebbero rimasti gli unici elementi in grado di suscitare emozioni, senza alcun legame con la realtà, quella che oggi conosciamo come arte astratta. Un movimento, non a caso, nato grazie alla confronto con la musica, un linguaggio che non si vede: l’arte astratta per eccellenza.
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Schiva ma appassionata, la volpe rossa ama la solitudine. È molto legata alla sua tana, che ha arredato con cura, secondo il proprio gusto: se la state cercando, sapete dove trovarla.
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Altro che tristezza, stare da soli è l'occasione per dedicarti ai tuoi mille hobby: li coltivi tutti con passione e sei davvero una persona dalle mille risorse. Come dire, nella botte schiva... c'è il vino buono!